Il sistema scolastico integrato pubblico-privato è in
contrasto con la
Costituzione *
di Corrado Mauceri
di Corrado Mauceri
1. La legge di parità: una logica conseguenza del
processo di aziendalizzazione del sistema scolastico e del cosiddetto processo
di “ammodernamento” della Costituzione.
Il
referendum di Bologna ha avuto il merito di riaprire, a livello nazionale, una
discussione sulla sempre più diffusa politica volta a realizzare, sulla scia
della scellerata Legge di parità (L. n. 62 del 2000), un sistema scolastico integrato
pubblico-privato.
Il
sistema integrato pubblico-privato è in palese contrasto con la Costituzione perché
viola anzitutto il diritto di tutti di accedere alla scuola statale e perché la Costituzione
afferma in modo chiaro che l’istituzione di scuole private deve essere “senza
oneri per lo Stato”. Dobbiamo però domandarci: perché, se la Costituzione
lo esclude, un tale modello di sistema scolastico è diffusamente realizzato
anche da quelle forze politiche che si dichiarano rispettose della Costituzione
(il PD anzitutto) e si considera persino una soluzione di buon senso perché
consentirebbe anche un risparmio di risorse pubbliche?
Nello
stesso tempo dobbiamo riflettere sull’esito del referendum di Bologna; difatti,
se la dirigenza del PD propone, a tutti livelli, il sistema integrato
pubblico-privato, l’esito del referendum di Bologna ha dimostrato che la gran
parte dell’opinione pubblica è ancora convinta che le scuole private devono
essere istituite “senza oneri per lo Stato”.
Solitamente
la scelta del sistema scolastico integrato è considerata una concessione della
sinistra ed in particolare del Ministro Berlinguer al mondo cattolico per
assicurarsi il sostegno dell’area cattolica alla riforma berlingueriana dei
cicli scolastici.
Certamente
è stata anche questo, ma soprattutto è un aspetto di una nuova idea di
scuola, che nasce e si sviluppa (ovviamente con tante contraddizioni ed
anche resistenze) negli anni 90 nell’ambito di una egemonia culturale
neoliberista e soprattutto nella subalternità del gruppo dirigente dell’ex PCI,
culturalmente travolto dal crisi del comunismo reale.
“Meno
Stato, più privato” in quegli anni era diventato la sintesi di un pensiero
unico che accomunava gran parte della classe dirigente del Paese. In questa
generale ubriacatura neoliberista si sviluppa anche l’ossessione
dell’ammodernamento della Costituzione che, in concreto, si traduce
nella costante violazione dei principi costituzionali nell’indifferenza più
generale.
In
questo contesto di subalternità culturale del maggior partito di
centro-sinistra (prima PDS, poi DS ed ora PD) al pensiero unico del “primato
del privato” si sviluppa un processo di “decostituzionalizzazione”
delle nostre istituzioni che ovviamente coinvolge anche il sistema
scolastico costituzionale, peraltro mai compiutamente realizzato; si mette
quindi in discussione il ruolo istituzionale della scuola statale, concepita
come sinonimo di scuola centralista e burocratizzata, e si avvia un processo
di aziendalizzazione del sistema scolastico con una progressiva
omologazione tra scuola pubblica e scuola privata. Questa cultura subalterna,
incapace di immaginare che lo Stato può essere democratico e pluralista (come
quello definito nella Costituzione), pensa che lo sviluppo del sistema
scolastico si realizza mutuando i modelli aziendalistici e superando la
distinzione tra pubblico e privato in un unico sistema integrato.
Nel
1994 fu pubblicato un documento con primo firmatario il futuro Ministro Luigi
Berlinguer, intitolato Nuove idee per la scuola, in cui tra l’altro si
afferma:
“Si
deve pensare a un sistema formativo pubblico, nazionale ed unitario, del quale
partecipano scuole statali e non statali…”:
è
l’atto di nascita del sistema scolastico integrato, cioè un’idea di scuola
alternativa alla scuola della Costituzione, che invece distingue tra
scuola statale aperta a tutti per la sua funzione istituzionale per la
formazione democratica delle nuove generazioni e scuola privata che si
istituisce per finalità di parte e non può essere la scuola di tutti e per tutti.
2. Il contesto culturale ed istituzionale in cui si
colloca e si sviluppa il sistema scolastico integrato pubblico-privato.
Queste
nuove idee per la scuola si collocano in un contesto culturale ed istituzionale
che non riguarda soltanto il sistema scolastico, ma investe l’assetto
istituzionale nel suo complesso ed in tutte le sue articolazioni. In sintesi
(necessariamente schematica) i principali aspetti che coinvolgono il sistema
scolastico sono:
2.1 La privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti
pubblici con il conseguente processo di aziendalizzazione degli uffici pubblici
e quindi anche della scuola statale.
La
privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti avviata nel 1993
(Presidente del Consiglio Amato) fu, paradossalmente, fortemente voluta dalla
CGIL e soprattutto dalle componenti di sinistra della CGIL (FIOM, giuristi
fortemente impegnati nella difesa dei diritti dei lavoratori come D’Antona,
Alleva e tanti altri). Solo la
CGIL Scuola si oppose (molto timidamente a livello di
dirigenza nazionale, con molta più forza a livello di molte strutture di base).
L’idea,
per la verità molto semplicistica e demagogica, era quella di realizzare
l’unità di tutti i lavoratori; non si consideravano però le diversità
strutturali e finalistiche tra l’azienda privata regolata dalla logica del
profitto dell’imprenditore e l’ufficio pubblico, che deve perseguire
l’interesse generale che non coincide con quello dell’amministratore.
Questo
processo meriterebbe un’approfondita riflessione per gli sfasci che ha
determinato in generale nella Pubblica Amministrazione e per le grandi
contraddizioni che ha prodotto nel sistema scolastico.
2.2 La legge sulla “privatizzazione” del rapporto
di lavoro dei dipendenti pubblici ed i successivi decreti attuativi.
L’art.
2 della L. 23/10/1992 n. 421 delega il Governo a dettare le norme per
inquadrare il pubblico impiego nell’ambito del diritto del lavoro privato con
l’introduzione della contrattazione del rapporto di lavoro dei dipendenti
pubblici.
In
attuazione di tale legge delega furono emanati i seguenti decreti attuativi: il
D.Lgs n. 29/93 (Presidente del Consiglio Amato, Ministro della Funzione
Pubblica Barucci), i D.Lgs. n. 396/97, n. 80/98 e n. 387/98 (Presidente del
Consiglio Prodi, Ministro della Funzione Pubblica Bassanini, Ministro della
Pubblica Istruzione Berlinguer). Tutta la normativa fu successivamente
riordinata nel T.U. n. 165/01.
Quali
sono le modifiche che incidono sullo status del docente e sulla libertà
di insegnamento e quindi sulla funzione della scuola statale?
In
sintesi (riportando il testo del T.U.):
Art.
2, comma 2: “I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del Capo I, del Libro V del
Codice Civile e delle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nelle imprese”.
Art.
2, comma 3: “I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono
regolati contrattualmente”.
Art.
3, comma 2: “Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori
universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in
attesa della specifica disciplina che le regoli in modo organico ed in
conformità ai principi dell’autonomia universitaria”.
Art.
5, comma 2: “Nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui
all’art. 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e
le norme inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli
organi preposti alla gestione con le capacità e i poteri del privato datore di
lavoro”.
Art.
25: "1. Nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica è
istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle
istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità
giuridica ed autonoma a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n.
59, e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono
inquadrati in ruoli di dimensioni regionale e rispondono, agli effetti
dell'articolo 21, in
ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni
e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito
presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e
composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa.
2.
Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha
la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse
finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle
competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico
autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico, organizza l'attività
scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare
delle relazioni sindacali.
3.
Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente scolastico
promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la
collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche
del territorio, per l'esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche
come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l'esercizio
della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto
all'apprendimento da parte degli alunni.
4.
Nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al
dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del
personale.
5.
Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il
dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere
delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo,
che sovrintende, con autonomia operativa, nell'àmbito delle direttive di
massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai
servizi generali dell'istituzione scolastica, coordinando il relativo
personale.
6.
Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di
istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell'attività
formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia
informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli
organi della istituzione.
E’
evidente che la suesposta normativa mette in discussione l’assetto
democratico della scuola ed in particolare lo status del personale
docente ed introduce un modello gerarchizzato ed aziendalistico che
contrasta in modo palese con il principio costituzionale della libertà di
insegnamento e con il ruolo istituzionale che la Costituzione
assegna alla scuola statale. Questi interventi tendono a configurare la scuola
statale come un’azienda in cui il ruolo professionale del personale docente è gestito
da un manager con i poteri del privato datore di lavoro al pari della
scuola privata.
Si
avvia quindi un processo di trasformazione ed omologazione della scuola
pubblica al modello aziendalistico della scuola privata dove il gestore detta
le regole ed il progetto educativo, che il personale docente è tenuto a
realizzare con una legittima limitazione della propria autonomia professionale.
Deve
però essere chiaro che questo processo di omologazione al modello
aziendalistico senza dubbio è stato avviato, ma non è stato compiutamente
realizzato, anche perché le forti resistenze del mondo della scuola hanno
impedito finora una piena e definita realizzazione dell’aziendalizzazione e
della sua organizzazione manageriale.
Lo
stesso art. 25, che pure ha introdotto la figura manageriale del Dirigente Scolastico,
paradossalmente con l’esplicito riferimento agli Organi Collegiali ha
riaffermato l’organizzazione democratica della scuola statale, introducendo
una indubbia contraddizione che ridimensiona il modello aziendalistico;
difatti, distinguendo la figura del dirigente in generale della Pubblica
Amministrazione dalla figura specifica del dirigente scolastico, ha evidenziato
la specificità della scuola e quindi la inapplicabilità alla scuola di tutte le
norme che si riferiscono in generale alla P.A. (come per esempio il decreto
Brunetta), ma soprattutto ha affermato che il Dirigente Scolastico esercita
le proprie attribuzioni “nel rispetto delle competenze degli organi
collegiali scolastici”.
Se
si considera che le competenze degli organi collegiali scolastici sono ampie ed
investono tutta la vita scolastica, in realtà si può sostenere che l’aziendalizzazione
della scuola è una tendenza che si può facilmente realizzare se c’è (come
in realtà c’è) una subalternità culturale (ma anche opportunistica) del
mondo della scuola; si può invece neutralizzare se c’è un forte impegno
nella gestione quotidiana degli spazi di democrazia scolastica.
Il
mondo della scuola non può crearsi alibi; se passa il modello aziendalistico (e
come si sa, PD e PDL nella passata legislatura avevano di comune accordo
approvato la cosiddetta pdl Aprea-Ghizzoni, che avrebbe portato a compimento il
processo di aziendalizzazione della scuola pubblica), la responsabilità è in
primo luogo di chi può impedirlo e non lo impedisce. In questo senso desta
molta preoccupazione la leggerezza con cui le organizzazioni sindacali, con la
lodevole intenzione di tutelare i lavoratori della scuola dalle invadenze
autoritarie di taluni dirigenti scolastici, intervengono indebitamente con la
contrattazione e con le RSU sulle materie demandate dal T.U. n.297/94 agli
Organi Collegiali della scuola; in tal modo non solo si contribuisce al
processo di delegittimazione degli Organi Collegiali, ma inconsapevolmente si
riconosce al D.S. competenze manageriali che lo stesso art. 25 subordina alle
prerogative degli Organi Collegiali.
2.3 L’autonomia scolastica dimezzata e subordinata ai
poteri di indirizzo e di controllo del Ministro.
La
tanto conclamata “autonomia scolastica”, introdotta per delega della
L. n. 59 del 15/03/1997 (Presidente del Consiglio Prodi, Ministro della
Funzione Pubblica Bassanini, Ministro della Pubblica Istruzione Berlinguer),
senza dubbio amplia le competenze delle istituzioni scolastiche, ma le
colloca nella logica della nuova idea di scuola, non più istituzione che
svolge una funzione statale nel prevalente interesse generale, ma azienda
pubblica che, al pari di una azienda privata, svolge un servizio pubblico, come
è già avvenuto per il settore sanitario.
Con
il DPR sull’autonomia (DPR n. 275/99), difatti, oltre ai poteri del Dirigente
Scolastico si rafforzano i poteri del Ministro, che in base all’art. 8 sono:
a.
gli obiettivi generali del processo formativo;
b. gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
c. le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale;
d. l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche;
e. i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo;
f. gli standard relativi alla qualità del servizio;
g. gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi;
h. i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi formativi finalizzati all'educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentitala Conferenza unificata
Stato-regioni-città ed autonomie locali.
b. gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
c. le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale;
d. l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche;
e. i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo;
f. gli standard relativi alla qualità del servizio;
g. gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi;
h. i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi formativi finalizzati all'educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita
L’aspetto
emblematico di tale autonomia è il POF (Piano dell’Offerta Formativa), che è “il
documento fondamentale costituito dall’identità culturale e progettuale delle istituzioni
scolastiche”. La stessa definizione di “Piano dell’Offerta Formativa”
sta a sottolineare il carattere di proposta all’utenza da parte di ciascuna
scuola in un sistema di concorrenza tra scuole, comprese ovviamente le
scuole private paritarie: ciascuna scuola ha una propria identità
culturale, è organizzata tendenzialmente in modo aziendalistico, gestita da un
D.S. che, a differenza del personale direttivo che faceva parte della scuola,
fa parte dell’Amministrazione Scolastica periferica e tutte, statali e
paritarie private, governate dal Ministro (che non a caso non è più della
Pubblica Istruzione) e dagli organi di controllo e valutazione.
La
scuola statale si configura sempre di più nella sua funzione (servizio alla
persona) e nella sua organizzazione simile alla scuola privata, perdendo sempre
di più la sua funzione istituzionale di organo formativo (diceva Calamandrei “costituzionale”)
dello Stato.
2.4 La riforma del Titolo V e il progetto di
regionalizzazione della scuola.
Nella
logica di una scuola-azienda erogatrice di un servizio pubblico, al pari del
servizio sanitario, del trasporto pubblico ecc., anche per la scuola statale
con la riforma del Titolo V del 2001, voluta dal PDS (anche nel vano tentativo
di guadagnarsi le simpatie degli elettori della Lega), si delinea una forma di
regionalizzazione, peraltro molto ibrida e contraddittoria e di difficile
applicazione.
Il
senso però è chiaro; essendo la scuola, statale o privata, un servizio alla
persona e dovendo corrispondere, in un regime di concorrenza tra le scuole
pubbliche e private, alle esigenze specifiche dell’utenza, è più funzionale che
ciascuna Regione definisca un proprio modello scolastico sia sotto il profilo
organizzativo sia anche, per taluni aspetti, sotto il profilo dei contenuti.
Questo
tentativo di regionalizzazione si è di fatto arenato sia per l’opposizione del
mondo della scuola sia per l’incapacità delle stesse Regioni, anche se
alcune Regioni (Lombardia, Toscana, ecc.) hanno tentato di introdurre modelli
scolastici regionali, ma con risultati scarsi.
3. La legge di parità: L. 10 marzo 2010 n. 62.
3.1 I principi costituzionali
In
questo contesto politico-istituzionale e soprattutto culturale si colloca la
cosiddetta legge di parità, che avrebbe dovuto dare attuazione all’art. 33
della Costituzione che sarà opportuno riportare:
“Enti
e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza
oneri per lo Stato”.
“La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
“La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
1)
E’ riconosciuto il diritto di istituire scuole non statali, ma “senza oneri
per lo Stato”, cioè non solo sono precluse erogazioni di contributi sotto
qualsiasi forma, ma anche forme di agevolazioni fiscali e di qualsiasi altra
natura che possano comportare “oneri per lo Stato”, anche sotto il
profilo del lucro cessante.
Né
si può aggirare il principio “senza oneri per lo Stato” ricorrendo al
modello del sistema integrato che consentirebbe, secondo alcune anime belle,
una riduzione della spesa pubblica, perché il principio “senza oneri per
lo Stato” è netto e non consente deroghe.
Come
meglio si preciserà più avanti, il sistema integrato è incompatibile con
l’obbligo della Repubblica di istituire scuole di ogni ordine e grado per
tutti; inoltre l’integrazione presuppone una omogeneità dell’attività di
insegnamento che nel sistema integrato non è realizzabile, perché
l’insegnamento della scuola pubblica deve essere pluralistico, mentre quello
privato può legittimamente essere di orientamento; la riduzione della spesa
pubblica si tradurrebbe in una forma di illegittima discriminazione per
coloro che, per la riduzione della spesa pubblica, sarebbero costretti a
frequentare una scuola di orientamento.
Né
si può invocare il principio di sussidiarietà previsto in generale nell’ultimo
comma dell’art. 117 della Costituzione; “senza oneri per lo Stato”
dell’art. 33 della Costituzione è una norma speciale che, combinata con
il principio dell’autosufficienza del sistema scolastico statale, esclude
qualsiasi forma di sussidiarietà e quindi di contributo pubblico a titolo di
sussidiarietà.
2)
La parità non trasforma la scuola privata in scuola pubblica; la scuola
privata può rilasciare titoli di studio con valore legale, ma è pur sempre una
scuola privata.
3)
La scuola privata paritaria eroga un servizio, sotto tutti i profili, di
natura privatistica e per finalità privatistiche; difatti la Costituzione
stabilisce che la legge di parità “deve assicurare ed essi piena libertà”.
Lo
Stato non può quindi imporre alle scuole paritarie alcun modello organizzativo
né, tanto meno, un progetto educativo, né modalità di assunzione del personale.
La scuola privata paritaria, anche se senza fini di lucro, è un’azienda privata
che, per effetto della parità, è tenuta soltanto a:
a)
assumere di personale in possesso dell’abilitazione all’insegnamento
b) osservare i curricula ministeriali
c) rilasciare, previo esame di Stato, titoli di studio equipollenti a quelli rilasciati dalle scuole private.
b) osservare i curricula ministeriali
c) rilasciare, previo esame di Stato, titoli di studio equipollenti a quelli rilasciati dalle scuole private.
Quindi
la scuola privata paritaria non è tenuta ad organizzarsi in modo democratico,
non è tenuta a garantire la libertà di coscienza e di insegnamento del
personale docente, che anzi può essere legittimamente obbligato ad osservare le
finalità educative dell’Istituto, può essere una scuola di orientamento
confessionale, culturale, di appartenenza.
La
scuola privata paritaria ha quindi il diritto costituzionale di impartire
un’educazione di parte e di conseguenza non può garantire lo stesso
insegnamento della scuola pubblica, pertanto l’attività della scuola
privata paritaria non è fungibile con quella statale. La Costituzione
esclude un possibile sistema scolastico integrato pubblico-privato.
3.2 L’“ammodernamento” della Costituzione
Per
la dirigenza del PDS ed in particolare per il Ministro all’epoca in carica la Costituzione
doveva essere letta in modo evolutivo e moderno e soprattutto dovevano essere
superate le vecchie ideologie stataliste e gli steccati pubblico-privato.
Con
questa generosa opera di “ammodernamento” della Costituzione e
senza bisogno di ricorrere nemmeno alla procedura di revisione costituzionale,
destra e sinistra, contrapposte in campagna elettorale ed unite
nell’ammodernamento della Costituzione (la Storia si ripete anche
oggi) con la legge di parità stravolgono i suesposti principi costituzionali.
Si delinea un nuovo sistema scolastico nazionale pubblico-privato.
La
legge di parità difatti:
a)
supera la distinzione tra sistema scolastico statale e non statale che,
ex art. 33, comma 2 della Costituzione, dovrebbe essere autosufficiente,
e prevede un sistema nazionale di istruzione che “è costituito dalle scuole
statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”.
Non
più quindi un sistema scolastico statale autosufficiente rispetto alla domanda
sociale ed, in aggiunta, scuole non statali che “possono” essere
istituite, ma un unico sistema come se scuole statali e scuole paritarie
fossero fungibili e concorressero alle stesse finalità.
La
scuola statale perde la sua funzione istituzionale e le scuole paritarie
private concorrono con la scuola statale alla formazione dell’offerta
formativa. Si delinea quindi un sistema scolastico integrato che la Costituzione
all’art. 33 aveva escluso.
b)
“Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà (come prevede la Costituzione )
per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico
tenuto conto del progetto educativo, l’insegnamento è improntato ai principi di
libertà sanciti dalla Costituzione”.
In
sostanza anzitutto si garantisce alle scuole private paritarie di essere
scuole di tendenza e quindi non pluraliste, si riconosce ad esse la piena
libertà di organizzarsi nel modo che ritengono più opportuno e di darsi un
proprio progetto, nell’ambito di tali preminenti prerogative devono anche
osservare i principi di libertà sanciti nella Costituzione; nel
contrasto però tra la libertà riconosciuta alla scuola privata ed un principio
costituzionale, come il diritto alla libertà di insegnamento, come ha
giustamente affermato la Corte Costituzionale (nel caso Cordero,
licenziato dall’Università Cattolica), prevale la libertà della Scuola.
Non
a caso nella legge di parità non si afferma mai la libertà di insegnamento.
c)
Le scuole private paritarie svolgono un servizio pubblico e non, come afferma la Ministra Carrozza ,
una funzione pubblica.
Peraltro è un servizio pubblico non aperto a tutti perché deve essere accolto “chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi”; chi frequenta una scuola privata deve a priori, all’atto dell’iscrizione, accettare un determinato progetto educativo.
Peraltro è un servizio pubblico non aperto a tutti perché deve essere accolto “chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi”; chi frequenta una scuola privata deve a priori, all’atto dell’iscrizione, accettare un determinato progetto educativo.
Precisa
inoltre la legge di parità che “il progetto educativo indica l’eventuale
ispirazione di carattere culturale o religiosa”.
d)
In deroga al principio secondo cui l’attività docente deve essere svolta da
personale in possesso della prescritta abilitazione, la legge di parità
consente alle scuole private paritarie, “in misura non superiore a un
quarto delle prestazioni complessive, di avvalersi di personale non abilitato”.
e)
In coerenza con il ruolo assegnato alle scuole paritarie ed in palese deroga al
principio “senza oneri per lo Stato”, la legge di parità prevede un
contributo finanziario per le scuole paritarie primarie ed un ulteriore
finanziamento per “spese di partecipazione alla realizzazione del sistema
prescolastico (scuola per l’infanzia) integrato”.
4. Il solco tracciato dalla legge di parità: le scuole
private concorrono a formare il sistema pubblico dell’istruzione.
Dal
2000 si sono alternate al Governo tutte le forze politiche del Paese, la legge
di parità non solo non è stata mai messa in discussione, ma è stata sviluppata
sia perché ha offerto una autorevole copertura istituzionale a tutte le varie
amministrazioni locali e regionali per erogare contributi sotto varie forme
alle scuole private, sia perché ha avuto una sua evoluzione nella direzione
della omologazione tra pubblico e privato; difatti, con il secondo Governo
Prodi e Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni, nella legge finanziaria per
il 2007 si incrementa il contributo alle Scuole paritarie in considerazione
della “funzione pubblica” che esse svolgono.
Nella
sua esposizione programmatica alle Commissioni parlamentari la Ministra in carica
Carrozza nel richiamare la legge di parità afferma:
“Infatti,
come stabilito dalla legge 62 del 2000 il sistema pubblico di istruzione è
composto dalle scuole statali e dalle scuole paritari… Occorre salvaguardare il
carattere plurale del nostro sistema di istruzione attraverso misure volte a
tutelare la qualità e l’inclusività anche delle scuole pubbliche paritarie”.
Ogni
commento è superfluo; si deve soltanto passare dalla lamentevole denuncia delle
politiche del PD all’iniziativa politica sia a livello sociale sia anche a
livello istituzionale.
Considerazioni e proposte.
Considerazioni
Berlusconi
ed i suoi Ministri hanno devastato la scuola pubblica; ma è stata una politica
coerente perché la distruzione della scuola pubblica (e di tutto ciò che è
pubblico) e dei diritti costituzionali è nel DNA della destra ed in particolare
di personaggi come Berlusconi.
Si
deve solo aggiungere che la politica dei tagli alla spesa per la scuola
pubblica, da tutti criticata, è stata dichiarata illegittima dal Consiglio
di Stato in seguito ad un ricorso proposto da alcuni Comitati di genitori ed
insegnanti con l’adesione di alcuni Enti Locali, ma non è stata
adeguatamente contrastata dalle forze del centro-sinistra; difatti,
ripetutamente sollecitate ad impegnarsi soprattutto nelle Regioni per dare
esecuzione alla sentenza del Consiglio di Stato, le Regioni finora hanno fatto
tutte acquiescenza all’operato illegittimo di Berlusconi Tremonti e Gelmini.
Regioni
di Centro-sinistra e forze politiche che le governano sono tutte
corresponsabili dei tagli alla scuola pubblica di oltre 8 miliardi.
Ma
il PD (e le sigle precedenti) è stato e continua ad essere anche il promotore
ed il diffusore della cultura della scuola pubblica-azienda, della integrazione
tra scuola pubblica e scuola privata ed infine dei finanziamenti pubblici (sottratti
alla scuola pubblica) per le scuole private e cioè in sintesi della palese
violazione della Costituzione.
Le proposte
1.
Necessità di una risposta politica concreta e coerente.
Se la scuola pubblica è, come è, una priorità assoluta per lo sviluppo sociale e democratico del Paese, la politica scolastica deve essere una discriminante politica ed elettorale; quindi la prima proposta, a mio avviso, deve essere quella di non votare e non fare votare le forze politiche che stravolgono la scuola della Costituzione e quindi il PD (attualmente impegnato anche a stravolgere in senso autoritario l’assetto istituzionale dello Stato).
Se la scuola pubblica è, come è, una priorità assoluta per lo sviluppo sociale e democratico del Paese, la politica scolastica deve essere una discriminante politica ed elettorale; quindi la prima proposta, a mio avviso, deve essere quella di non votare e non fare votare le forze politiche che stravolgono la scuola della Costituzione e quindi il PD (attualmente impegnato anche a stravolgere in senso autoritario l’assetto istituzionale dello Stato).
Non
si può per 364 giorni l’anno lamentarsi della politica scolastica del PD e
dopo, il giorno delle elezioni, accettare la logica perversa del “voto utile”
(ma utile a chi?) o addirittura lanciare appelli per il “voto utile”.
2.
Se il sistema integrato pubblico-privato implica una aziendalizzazione ed
omologazione di scuola pubblica e scuola privata, oltre che contestare tutte le
forme di contributo alle scuole private, bisogna anzitutto rilanciare il
ruolo istituzionale della scuola statale, cioè dello Stato e soprattutto evidenziare
la “diversità” della scuola statale, rilanciare e praticare la
democrazia scolastica.
Si
tratta di dare ampia informazione sulle competenze attuali degli Organi
Collegiali, sul ruolo effettivo che, nel rispetto del principio costituzionale
della libertà di insegnamento, spetta al D.S. e di rivendicare il governo
democratico non solo delle singole scuole, ma dell’intero sistema statale.
3.
Occorre organizzare una risposta concreta, a livello nazionale, per contestare,
a tutti i livelli, qualsiasi forma di sistema integrato e di contributo
pubblico a favore della scuola privata.
In
teoria si dovrebbe organizzare la contestazione anche sotto il profilo legale:
ma è un’iniziativa costosa e soprattutto di scarsa efficacia politica, perché
rischia di tradursi in una forma di “delega” alla magistratura; quindi
significa che sotto il profilo politico si è perso.
D’altra
parte iniziative locali, non essendo facilmente ripetibile l’iniziativa di
Bologna, hanno una scarsa visibilità e scarsa incidenza; a mio avviso non c’è
altra strada che la responsabilità politica: una campagna nazionale per il non
voto alle forze politiche che violano la Costituzione ,
ma anche un impegno politico a costruire un soggetto politico nuovo ed unitario
che abbia la sua centralità nell’attuazione della Costituzione e
l’impegno diretto a livello istituzionale di coloro che vivono i problemi reali
del Paese.
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Traccia, integrata con i riferimenti normativi, dell’intervento di Corrado
Mauceri al Convegno “‘Senza oneri per lo Stato’, un principio
costituzionale da rispettare: no al finanziamento alle scuole private”,
Milano 26 Ottobre 2013.